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DENATALITA’. ITALIANE IN FUGA DALLA MATERNITA’

denatalita2Natalità ancora in calo in Italia nel 2015, a comunicarlo è l’Istat che specifica anche che nell’ultimo anno i bambini iscritti all’anagrafe sono 485.780, quasi 17mila in meno rispetto al 2014, e che sommato ai precedenti il dato compone un totale di 91mila bimbi in meno a partire dal 2008.
Il calo, attribuibile principalmente alle coppie di genitori entrambi italiani, è dovuto al fatto che le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose e mostrano una propensione sempre più bassa ad avere figli, e coincide con un calo della nuzialità relativo allo stesso periodo circa 52mila nozze in meno tra il 2008 e il 2015 e la conseguente diminuzione dei nati all’interno del matrimonio.
Secondo Alessandro Rosina, docente dell’Università cattolica di Milano, le cause di questo fenomeno sono rintracciabili nel quadro generale in cui versa il nostro Paese: “Ricordiamoci che abbiamo il tasso più alto di giovani ‘Neet’ dopo la Grecia, ossia giovani che non studiano né lavorano, perché non riescono ad inserirsi adeguatamente nel mondo del lavoro, e quindi sono anche bloccati nella formazione di nuovi nuclei familiari, e di politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia per le coppie con figli, in particolare con molte coppie che, dopo il primo figlio, con difficoltà riescono ad andare oltre”.
Alla base di tutto dunque l’incapacità del sistema statale di elaborare politiche familiari in grado di supportare le esigenze dei giovani e delle famiglie che unitamente alla congiuntura economica poco favorevole, diffonde un generale clima di sfiducia.
“Quello che dobbiamo assolutamente fare è cominciare a cambiare il clima culturale italiano. E cioè pensare alle nuove generazioni come bene principale del Paese su cui investire, e non invece pensare che i figli siano semplicemente un costo a carico delle coppie e delle famiglie – rincara Rosina – per farlo, servono però anche punti di riferimento solidi: ovvero non bastano soluzioni estemporanee, ma servono politiche concrete, realizzate, che continuino nel tempo, e che quindi mettano una base solida e diano anche un segnale consistente di un Paese che ha interesse ad investire anche su una propria crescita solida, investendo sulle nuove generazioni e sulla loro consistenza quantitativa e qualitativa come pilastro per costruire un futuro migliore”.